Mi rubano una dipladenia dalla finestra. Mi chiamano per rassicurarmi che è stato un estraneo. Una vecchia claudicante: queste le indicazioni di chi ha visto. Che non ha fermato l’anziana signora dal fattaccio ma lo ha raccontato per dissuadermi dal pensiero di un torto del vicino. Pensiero che non credo avrei avuto, visto che non ho cattivi rapporti di vicinato.
Ora, oltre all’inferriata che protegge la finestra dall’entrata di potenziali ladri, c’è una rete verde che protegge i fiori dalle vecchie signore che passeggiano a mezzogiorno per le strade di Milano, forse di ritorno dalla spesa.
Uno dei 1000 volti di questa Milano sempre più disperata: non giovani ragazzi in uscita dai locali con le loro mani lunghe – che avrei capito e accettato di più – ma un’anziana zoppa che ha avuto tutto il tempo di sradicare la pianta dal vaso e portasela via in pieno giorno in circonvallazione senza che nessuno le dicesse nulla.
E poco importa se quella pianta aveva una storia, mia e sua: alla vecchia è piaciuta e renderà più bella la sua finestra. Ciò che è mio è diventato suo: in un perfetto regime dittatoriale dove l’uomo non si rende degno di questo nome e non partecipa dell’umano che è in lui.
Io sono inorridita guardando la mia città dove anche gli anziani rubano, sono intristita di fronte a questo silenzio, pauroso o indifferente che sia, dei miei coetanei, sono sgomenta dal dover difendere il mio “giardinetto” in una lotta continua alla sopravvivenza – che, a ben guardare, avrebbe dovuto essersi già ben trasformata in vita se la storia dell’uomo è storia evolutiva, come mi hanno insegnato.
Forse le cose non stanno così. Inizio ad avere gravi dubbi. Ho la sensazione che stiamo sprecando le vite passate e presenti perchè non abbiamo ancora imparato un granché.
Mi dicono che è solo l’inizio, che il decadimento a cui assisto ogni giorno e col quale lotto ogni giorno – incredibilmente – non ha ancora toccato il suo peggio.
Questo mi preoccupa perché del peggio l’uomo sembra sempre esserne capace.